Wallflower è in lingua inglese il termine gentile, che richiama un variegato tipo di violetta, che in italiano traduciamo più barbaramente in ‘carta da parati’ riferendosi a quel genere di persona un po’ solitaria che non si nota.
Eugene, il “Monster of the Week”, è appunto una ‘carta da parati’, un uomo-camaleonte, frutto di un disordine genetico e della ricerca scientifica, che non desidera altro che essere accettato e considerato dal prossimo.
In un laboratorio da brivido calato in un’atmosfera tra “Profumo” di Suskind e “L’uomo invisibile” di Wells, Eugene raccoglie frammenti di vita delle persone che gli vivono accanto senza accorgersi di lui. L’unico modo, oltre all’omicidio e alla sottrazione della pigmentazione delle sue vittime, per sottrarsi alla solitudine... Sigh. Vittime che, a causa della condizione in cui viene ritrovato il corpo, sembrano inizialmente essere state uccise da picchi di adrenalina provocati dal terrore, come in 2.05 Dream Logic.
Ma la condizione di solitudine non è prerogativa solo del povero Eugene:
solo è Walter, separato dal contatto umano dalla sua follia;
solo è Lincoln, che da quando è in NY non riesce a dormire;
solo è Peter, isolato nella sua ‘nuova’ abitazione considerato come un evento Fringe da tenere sotto controllo;
sola è Olivia, con le sue emicranie notturne, in bilico tra il bisogno di comunicare e il dubbio sulla reale necessità di farlo.
E a proposito di mal di testa, la buona Nina Sharp, il cui legame di affetto con Olivia sembra non essere intaccato nemmeno dalle indagini che riportano inevitabilmente a qualche nefandezza della Massive Dynamics, sembra esserne la causa. A fine episodio compare sulla soglia di casa della figliastra a cui, stordita sul pavimento, viene iniettato un liquido nel collo... Cortexiphan?
Eugene, il “Monster of the Week”, è appunto una ‘carta da parati’, un uomo-camaleonte, frutto di un disordine genetico e della ricerca scientifica, che non desidera altro che essere accettato e considerato dal prossimo.
In un laboratorio da brivido calato in un’atmosfera tra “Profumo” di Suskind e “L’uomo invisibile” di Wells, Eugene raccoglie frammenti di vita delle persone che gli vivono accanto senza accorgersi di lui. L’unico modo, oltre all’omicidio e alla sottrazione della pigmentazione delle sue vittime, per sottrarsi alla solitudine... Sigh. Vittime che, a causa della condizione in cui viene ritrovato il corpo, sembrano inizialmente essere state uccise da picchi di adrenalina provocati dal terrore, come in 2.05 Dream Logic.
Ma la condizione di solitudine non è prerogativa solo del povero Eugene:
solo è Walter, separato dal contatto umano dalla sua follia;
solo è Lincoln, che da quando è in NY non riesce a dormire;
solo è Peter, isolato nella sua ‘nuova’ abitazione considerato come un evento Fringe da tenere sotto controllo;
sola è Olivia, con le sue emicranie notturne, in bilico tra il bisogno di comunicare e il dubbio sulla reale necessità di farlo.
E a proposito di mal di testa, la buona Nina Sharp, il cui legame di affetto con Olivia sembra non essere intaccato nemmeno dalle indagini che riportano inevitabilmente a qualche nefandezza della Massive Dynamics, sembra esserne la causa. A fine episodio compare sulla soglia di casa della figliastra a cui, stordita sul pavimento, viene iniettato un liquido nel collo... Cortexiphan?
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